Ogni strada ha una sua storia da raccontare. Anzi ogni strada ha tante storie da raccontare, storie antiche o moderne, ordinarie o fantastiche, passionali o criminose. E spesso quando le storie si diffondono e cominciano a stare sulla bocca di tutti, ecco che le strade dove quelle sono nate, vengono presto ribattezzate. Almeno popolarmente. La storia che oggi racconteremo, ambientata nel Quartiere di Santa Croce, è proprio una di queste e narra di una via un tempo intitolata via delle Serve Smarrite.

Tra Santa Croce e piazza della Signoria

Nel cuore del centro storico fiorentino, a due passi da piazza della Signoria e Santa Croce, è una piccola viuzza che un tempo era intitolata alle Serve Smarrite. Essa collegava – e collega ancora oggi – via Vinegia a Borgo dei Greci. Se fossimo in una Firenze prima del XII secolo, ci troveremmo fuori dalle mura cittadine che, fino al 1172, correvano sull’odierna via del Proconsolo e piazza San Firenze. In effetti, se fossimo in quei tempi, non vedremmo nemmeno il complesso di San Firenze, nato molto tempo dopo, nel XVII secolo, sui resti di un antico tempio dedicato alla dea egiziana Iside. Avremmo però frequentato, se fossimo ai tempi della Firenze romana, quel bell’anfiteatro che occupava l’area fra le attuali via de’ Benci, via Torta, via Bentaccordi e Piazza Peruzzi. E magari, uscendo fuori dalla città per andare ad assistere a qualche spettacolo, avremmo percorso la viuzza delle Serve Smarrite che poi, per ricordare l’anfiteatro, prese il nome di via del Parlascio. Difatti Parlascio deriva da una storpiatura del latino perilasium che stava a indicare uno “spazio circolare”; addirittura durante il Medioevo, con tale termine si passò a designare l’anfiteatro stesso.

L’anfiteatro romano

Costruito nella prima metà del II secolo d. C. per volontà dell’Imperatore Adriano, l’anfiteatro romano occupava l’area fra le attuali via de’ Benci, via Torta, via Bentaccordi e Piazza Peruzzi. L’andamento curvilineo di queste strade, insieme ai recenti ritrovamenti archeologici, hanno portato a conoscere l’esatta ubicazione di questa struttura che, dopo la caduta dell’Impero Romano e l’ingrandimento della città, perse la sua funzione originaria, divenendo, nel Medioevo, parte integrante di case e palazzi. I corridoi sotterranei, invece, vennero sfruttati come carcere! Grazie ad alcune scoperte fatte allo scadere del XIX secolo, è stato possibile ricostruire forma e dimensione dell’intero complesso.  Sappiamo infatti che l’asse maggiore dell’ellisse doveva essere orientato in direzione Nord-Ovest/Sud-Est, per una lunghezza complessiva di circa 113 metri, mentre l’asse minore doveva misurarne solamente 90. Un anfiteatro, insomma, di tutto rispetto che poteva contenere, esattamente come quello di Pompei, circa 20.000 spettatori.

Il tempio di Iside

Fuori dalle mura orientali, nel luogo dell’odierno complesso di San Firenze, là dove oggi ha inizio Borgo dei Greci, sorgeva un tempo un piccolo edificio dedicato alla dea egiziana Iside. Dea madre, dea della natura e della fecondità, legata all’acqua e alla navigazione, Iside, fin dal suo ingresso a Roma nel I sec. a.C.,  divenne divinità amatissima, tanto che si cominciarono a costruire, in tutto il territorio dell’Impero, edifici a lei dedicati. L’antica Florentia non ne rimase esclusa. Benché di questa struttura non rimanga oggi alcuna traccia, i reperti archeologici rivenuti in campagne relativamente recenti indicano che il Tempio doveva essere di ordine corinzio e decorato di marmi di tante qualità diverse, quali il lunense, il cipollino e il serpentino. La varietà dei marmi utilizzati, inesistente nella Florentia romana fino al periodo adrianeo, e i caratteri epigrafici delle iscrizioni ritrovate, oggi esposte al Museo Archeologico Nazionale, fanno supporre che il tempietto sia stato costruito, nel luogo di un antico sepolcreto romano, nel II sec. d.C.

C’era una volta in via delle Serve Smarrite

Pur avendo preso il nome di via del Parlascio, quella viuzza continuò a lungo, nel parlato dei fiorentini, ad essere la strada delle Smarrite. E su questo toponimo nacquero, nel tempo, tante storie diverse. Andiamo subito a raccontarne una tra le più popolari e rocambolesche della tradizione popolare fiorentina.

“Tanto tempo fa c’era in quella che ancora oggi conosciamo come via delle Serve Smarrite, una casa grande che si pensava fosse disabitata e dove nessuno aveva il coraggio di abitare o perfino di avvicinarsi perché circolavano delle storie paurose su azioni malvagie commesse dal diavolo e si diceva fosse il luogo di incontro delle streghe, dei folletti e dei diavoli. A mezzanotte dalle sue stanze si udivano rumori di catene e scoppi fragorosi di risate e dalle sue finestre apparivano fiamme verdi e blu. Le poche persone che si avventuravano nella casa, non ne uscivano più.

Il diavolo e le donne scomparse

Ad entrare nella casa erano perlopiù serve giovani e belle, adescate al mercato da una vecchia che, con subdole adulazioni, le persuadeva a cercarsi una vita migliore, da nobildonne e dunque a seguirla. Non c’è bisogno di dire quanto questo gioco funzionasse bene. La casa dove venivano condotte, vista da fuori, appariva mal messa ma all’interno aveva delle bellissime stanze con mobili sfarzosi. Quando le nuove arrivate giungevano nella casa venivano elegantemente abbigliate e ingioiellate dalla testa ai piedi e invece di servire, venivano servite. Ma a tempo debito scoprivano che un certo Signore, il padrone della casa, era divenuto anche il padrone delle loro vite e gradualmente venivano condotte nelle più terribili orge fino alla stregoneria, poi sparivano misteriosamente senza che nessuno sapesse dove.

Dalla casa provenivano scricchiolii e luci abbaglianti

Le scomparse divennero così frequenti e misteriose che alla fine si iniziò a parlarne. E così un giorno un uomo di grande potere e di notevole intelligenza, decise di trovarne la causa. Una sera molto tardi si trovò a passare davanti alla casa dei misteri e udì dei suoni simili a scricchiolii mischiati a rumori metallici di catene e vide luci blu e verdi alle finestre. Rimase immobile e riuscì a distinguere il rumore della musica e le risate delle ragazze; allora scivolò nel buio senza aver paura di alcun diavolo, si arrampicò sulla finestra, spostò una tenda e sbirciò dentro dove vide molte belle donne discinte. Fu così meravigliosamente attratto dalla vista di così tanti incanti che desiderò entrare a far parte dell’allegra combriccola.

Un giovane coraggioso si decise ad entrare

Ma come fare? La sorte lo favorì: sulla porta della casa si materializzò una vecchietta pronta ad entrare. E quando lui le si avvicinò per tentare di corromperla con qualche moneta d’oro, si sorprese nel constatare che la donna davanti ai suoi occhi era la sua madre adottiva, quella madre che lo amava teneramente. Restò di sasso e ancor più quando ella gli raccontò che era una serva e che era stanca di assistere a tutte queste azioni malvagie. Se lui l’avesse portata via, avrebbe denunciato tutto. Aggiunse anche che poteva liberamente raggiungere le ragazze perché il Signore, che era un potente mago, quella sera era fuori.

Quel che vide lo ammutolì

Quando il gentiluomo entrò nella casa, rimase sbalordito dallo splendore delle stanze e dalla bellezza delle ragazze. Tra queste ne incontrò una che lo ammaliò. Incominciò a parlare con lei e scoprì che la fanciulla volentieri sarebbe scappata da quella casa e con lei molte altre ragazze. Nessuna tuttavia osava farlo per paura del mago. Allora il galantuomo disse che avrebbe chiamato la polizia e consigliò alle giovani donne di prendere ciò che potevano, di fare i bagagli e di andarsene; egli stesso avrebbe scritto un lasciapassare per ognuna di loro per andar via con gli oggetti sottratti.

Un risvolto inaspettato

Ma non aveva l’uomo finito di parlare, che all’improvviso la porta si spalancò e il potente Stregone entrò con uno sguardo che sembrava il diavolo, meravigliato nel vedere quella scena davanti ai propri occhi. Era furente e pronto a colpire con la sua magia quando le serve gli si buttarono addosso e lo legarono stretto stretto. E decisero anche di processarlo. Lì sul posto, tra di loro. Il mago venne giudicato colpevole di plagio, ma siccome non le aveva né uccise né sequestrate, decisero di lasciarlo andare, a patto però che tutto il suo patrimonio fosse spartito tra loro. Il mago fu costretto ad accettare, si cercò la cassaforte e il contenuto fu diviso; la parte che toccò a ognuna di loro fu così considerevole che tutte si maritarono presto e vissero nobili e felici!”