Un luogo dai tanti nomi

L’elegante Loggia dei Priori o della Signoria, che chiude il lato meridionale dell’omonima piazza e si erge a pochi passi da Palazzo Vecchio, è nota anche con altre denominazioni. 

Fu nel novembre 1356 che il Consiglio maggiore della Signoria ne deliberò la costruzione, nell’ambito di un progetto di ampliamento e di riqualificazione della piazza.

La denominazione “dei Lanzi” si diffuse invece solo due secoli dopo, quando Cosimo I de’ Medici decise di utilizzare la loggia medievale come facciata del quartiere generale del suo corpo di guardia personale. La Guardia tedesca, che Cosimo aveva potuto osservare in azione al seguito di Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero e suo alleato, era composta da fanti lanzichenecchi. L’arrivo a Firenze nel novembre 1541 di questi soldati scelti e rigorosamente addestrati, noti per la loro disciplina e la crudeltà verso i nemici, dotati di costumi dai colori sgargianti e di lunghe alabarde, dovette impressionare notevolmente la popolazione fiorentina che, nel suo vernacolo, ne tramutò il nome in “lanzi”. La guardia dei Lanzi continuò a garantire la protezione del sovrano e della sua famiglia fino all’estinzione dei Medici. Nel 1738 i Lorena, la nuova dinastia al potere, decisero infatti di soppiantarli con la Guardia Svizzera.

Fu solo nell’Ottocento che iniziò a diffondersi la denominazione di Loggia dell’Orcagna, dal soprannome dello scultore e architetto Andrea di Cione, erroneamente identificato come il responsabile del progetto originale, sulla scorta delle notizie ricavabili nelle Vite di Giorgio Vasari.

Storia e architettura

Nonostante la delibera del 1356, i lavori per la costruzione della loggia presero avvio almeno un ventennio più tardi, quando una nuova deliberazione della Signoria rese evidente la necessità di trovare un luogo consono per ospitare le cerimonie e le assemblee pubbliche dei Priori e dei Gonfalonieri che, fino ad allora, in caso di maltempo, potevano trovare riparo solamente nella vicina chiesa di San Pier Scheraggio.

Il cantiere potè contare sull’apporto economico e sul sapere costruttivo delle maestranze specializzate dell’Opera del Duomo che, negli stessi anni, erano impegnate a Santa Reparata. La direzione dei lavori fu affidata a Simone di Francesco Talenti, a Benci di Cione Dami (entrambi all’opera anche nel vicino cantiere di Orsanmichele) e a Taddeo Ristori e il 1° novembre 1382 la loggia potè essere inaugurata ufficialmente, benchè fosse ancora da concludere l’intero apparato decorativo.

La loggia è costituita da tre ampie arcate in pietra arenaria che si affacciano sulla piazza e che terminano in un elegante coronamento adornato dagli stemmi comunali e in cui archetti trilobati poggianti su mensole sorreggono un parapetto ornato da un semplice motivo quadrilobato. Assolutamente innovativa fu la scelta di disegnare gli archi con profili a tutto sesto e non a sesto acuto, normalmente utilizzati nell’architettura gotica, a conferma del gusto tipicamente fiorentino per l’armonia e la classicità.

Tra le arcate, all’interno di formelle polilobate, si stagliano su un fondo di smalto azzurro le sculture delle Virtù teologali e cardinali, realizzate su disegno di Agnolo Gaddi. Completano l’ornamento scultoreo i leoncini realizzati sulla base dei pilastri.

Un museo a cielo aperto di scultura

La Loggia della Signoria è oggi nota per l’incredibile collezione di sculture che accoglie al suo interno.

La prima ad esservi collocata, nel 1506, fu la Giuditta e Oloferne di Donatello (successivamente rimossa e oggi conservata a Palazzo Vecchio), che trovò riparo al di sotto della terza arcata, verso via Vacchereccia. Per il suo trasferimento si resero necessari alcuni lavori di consolidamento della struttura, nella convinzione che la balaustra ad essa destinata non potesse reggerne il peso. In  tale occasione si scoprì un vasto ambiente sotterraneo voltato che verrà utilizzato come deposito di artiglieria della Repubblica fiorentina e, nel Settecento, come deposito d’olio.

Ancora presente nella sua collocazione originaria è il capolavoro di Benvenuto Cellini, il Perseo (1545-1554), che venne posto sotto la prima arcata, in posizione speculare rispetto alla Giuditta. Commissionata da Cosimo I, l’opera è il simbolo del potere assoluto mediceo e della fine della stagione repubblicana. La decisione di collocare il Perseo sotto la Loggia, segnò significativamente la fine della funzione della Loggia come luogo di assemblea pubblica e la sua trasformazione in spazio espositivo e spazio d’elezione per la celebrazione del potere dinastico.  Lungo questa linea ideologica proseguirono anche i figli di Cosimo, Francesco e Ferdinando, con la collocazione del Ratto delle Sabine di Giambologna, inaugurato nel 1583 e posizionato al posto della Giuditta donatelliana, e la realizzazione delle altre sculture della piazza (la Fontana del Nettuno dell’Ammannati e il monumento equestre a Cosimo I di Giambologna).

I granduchi lorenesi proseguirono nell’opera di arricchimento della collezione di sculture: nel 1789 vennero collocati ai lati della scalinata di accesso i due leoni in marmo provenienti da Villa Medici a Roma: a destra quello di epoca romana e a sinistra quello cinquecentesco opera di Flaminio Vacca. Nella stessa occasione trovarono posto sul fondo le sei Sabine, le figure muliebri di epoca romana, anch’esse provenienti dalla residenza romana del casato mediceo.

Nel 1840 si dispose il trasferimento del gruppo antico Menelao che sorregge il corpo di Patroclo, integrato nel Cinquecento e nuovamente restaurato nell’Ottocento, che un tempo si trovava nei pressi di Ponte Vecchio. L’anno successivo venne collocato un altro marmo, l’Ercole con il Centauro Nesso (1599) di Giambologna, un tempo collocato al Canto dei Carnesecchi.

Unica opera moderna presente nella Loggia, tra i capolavori antichi e rinascimentali, è Pirro che rapisce Polissena, eseguita da Pio Fedi tra il 1860 e il 1865.

Il giardino pensile di Francesco I

Tra il 1583 e il 1585 Francesco dei Medici, che aveva già dato il via ai lavori di trasformazione e di ampliamento degli Uffizi, decise di trasformare la terrazza che corona la Loggia dei Lanzi, ormai collegata al Palazzo, in un magnifico giardino pensile.

A tradurre il desiderio del Principe venne chiamato, ancora una volta, il suo architetto di fiducia, Bernardo Buontalenti, che, in mezzo ai palazzi destinati alla funzione pubblica, creò un’oasi privata di diletto e di riposo filosofico. Collegato al braccio di ponente del palazzo degli Uffizi, lungo il quale si trovavano i laboratori e le fonderie medicee, il giardino era il punto di ritrovo della famiglia del granduca. Qui, all’ombra degli alberi frondosi e allietato dal profumo inebriante dei fiori, indugiava volentieri per assistere agli spettacoli musicali allestiti nella sottostante Piazza della Signoria.

A ricordo di questa funzione, vi è ancora oggi una fontana coronata da una vivace scultura in bronzo (il cui originale si trova al Museo Nazionale del Bargello) opera del Giambologna, che rappresenta il nano Morgante, buffone di corte, a cavallo di un drago marino.

Scienza sotto la Loggia dei Lanzi

Nel corso dei secoli la Loggia è stata utilizzata come cornice solenne per ospitare feste, spettacoli e allestimenti scientifici, con lo scopo di intrattenere, stupire o educare il popolo fiorentino.

Nel 5 febbraio 1549 Cosimo I, appassionato di scienze e di filosofia naturale, ordinò di sistemare sotto la loggia la carcassa di un capodoglio che si era arenato sulle rive di Livorno. Nonostante la loggia fosse pressoché vuota, dal momento che allora vi trovava collocazione la sola Giuditta di Donatello, l’animale venne ad occupare con la sua imponente mole quasi la metà dello spazio disponibile. L’inusuale spettacolo suscitò per mesi grande meraviglia, e non solo, tra i passanti e i visitatori occasionali. Il naturalista francese Guillaume Rondelet, che nel suo trattato del 1554 Libri de piscibus marinis ricorda di aver visto la carcassa a Firenze, non potè fare a meno di annotare l’intenso fetore che da essa emanava!

Nel 1749 il granduca Francesco Stefano di Lorena fece apporre sotto la Loggia una lapide per celebrare l’adozione di un calendario unico, quelle gregoriano, per tutta la Toscana, per unificare gli stili “fiorentino” e “pisano” ancora in uso e fissare l’inizio dell’anno al 1° di gennaio, così da facilitare i commerci e la burocrazia.

Nel 1859 Cosimo Ridolfi, ministro della pubblica istruzione della Toscana, fece costruire al padre scolopio Filippo Cecchi un grande barometro a bilancia e un termometro metallico (i cui pezzi superstiti sono oggi conservati al Museo Galileo di Firenze). Gli strumenti, rimossi nel 1940, vennero collocati sulla parete di fondo della loggia con lo scopo di istruire la popolazione in materia di osservazioni meteorologiche.

Feste e celebrazioni

Fu Ferdinando II de’ Medici, nella prima metà del Seicento, che iniziò a sfruttare la loggia come spazio scenico ideale nel corso di importanti occasioni, quali la festa degli Omaggi, culmine delle celebrazioni dedicate a San Giovanni Battista, patrono della città di Firenze . Al riparo delle grandi arcate veniva collocato il trono granducale, che si trovava così circondato dalle statue degli dei e degli eroi che i Medici avevano voluto per raccontare il loro potere, in una soluzione di grande impatto visivo e di forte valenza simbolica.

Durante la reggenza francese, Maria Luisa di Borbone festeggiò il conferimento dell’abito di Cavaliere di Santo Stefano al figlio Carlo Ludovico (1803) con un pranzo sotto la Loggia offerto a 100 bambini e 100 bambini del Popolo a cui viene permesso di portare a casa gli avanzi, il tovagliolo, il bicchiere e la posata.

Un luogo fonte di ispirazione

La Loggia, con la sua straordinaria collezione di sculture e il dialogo naturale della sua architettura con la piazza e il palazzo della Signoria, è un luogo molto suggestivo, che ha colpito la sensibilità di molti scrittori. Basti pensare, solo per citarne alcuni, a Rainer Maria Rilke, che ricorda il suo straniamento e la sua emozione nel contemplare la loggia nel suo Diario fiorentino o a Henry James che nel suo racconto La Madonna del futuro sente aleggiare intorno a sè la gloria del passato.

E non si può non ricordare Edward Morgan Forster che in Camera con vista ambientò una dei momenti più famosi del suo romanzo proprio ai piedi della Loggia dei Lanzi.

Una citazione diretta si trova invece a Monaco di Baviera, nella bella Odeonsplatz. Qui si erge la cosiddetta Loggia dei Marescialli, la Feldherrnhalle, che nella sua architettura è un richiamo esplicito alla loggia fiorentina di piazza della Signoria. Venne costruita nel 1841 come luogo di celebrazione dei generali e degli eroi di guerra su progetto dell’architetto Friedrich von Gärtner e per volontà del sovrano Ludwig I. 

Le altre logge fiorentine

La Loggia della Signoria  non è il solo edificio monumentale di questo tipo che si possa ammirare a Firenze .Accanto a quelle volute dal governo cittadino, sorte per assolvere a funzioni pubbliche,furono anche le logge gentilizie, che vennero progressivamente abbandonate o trasformate con l’affermarsi dell’egemonia medicea.

Ancora oggi sono ben riconoscibili le belle arcate della trecentesca loggia del grano di Orsanmichele, che vennero tamponate tra il 1367 e il 1380 da Simone Talenti, responsabile anche della sopraelevazione dell’edificio di due piani destinati allo stoccaggio delle granaglie.

Accanto al Battistero di San Giovanni è la Loggia del Bigallo, eretta tra il 1352 e il 1360, sotto le cui arcate venivano esposti gli orfani e i bambini abbandonati, quando ancora non esisteva lo Spedale degli Innocenti ideato da Filippo Brunelleschi. 

Unico esempio rimasto di una loggia privata è la Loggia Rucellai, ispirata all’architettura di Leon Battista Alberti. Venne eretta nel 1466 in occasione del matrimonio tra Bernardo Rucellai e Nannina dei Medici, sorella di Lorenzo il Magnifico. 

A Cosimo I dei Medici si deve invece la costruzione di due logge destinate ad ospitare mercati: la loggia del Mercato Nuovo (popolarmente detta del Porcellino) eretta da Giovan Battista Tasso a partire dal 1547 e la loggia del Pesce, opera di Giorgio Vasari. La prima, detta anche del Porcellino per la presenza della fontana del Cinghiale di Pietro Tacca (1633 circa), ospitò la mercatura della seta e degli oggetti preziosi e, al piano superiore, l’archivio degli atti notarili. La seconda venne eretta dal Vasari intorno al 1567, quando la costruzione del Corridoio Vasariano impose l’allontanamento dei pescivendoli dalla zona di Ponte Vecchio. Innalzata all’interno del Mercato Vecchio, l’attuale piazza della Repubblica, venne smantellata durante i lavori di demolizione di Firenze capitale e ricostruita nel 1951 nella piazza dei Ciompi.

Nel 1619 Cosimo II fece costruire all’architetto Giulio Parigi la Loggia del Grano, eretta alle spalle degli Uffizi e di Palazzo Vecchio, ultima delle logge cinquecentesche destinate ad accogliere un mercato.