Alessandro de’ Medici (1510 o 1512-1537), ultimo discendente del ramo principale del celebre casato fiorentino, è stato il primo duca di Firenze. La sua figura politica è alquanto controversa, dal momento che governò con pugno dispotico e tirannico.

Una nascita avvolta nel mistero

Sono praticamente inesistenti le notizie giunte fino a noi dei primi anni di vita di Alessandro e ancora oggi la sua nascita appare avvolta da un alone di mistero. Non ne conosciamo con certezza l’anno, variamente fissato nel 1510 o nel 1512, e, ancora più dubbie, sono le sue origini.

Il soprannome “il Moro” che gli venne affibbiato in età adulta, unito ai folti e neri capelli ricci e alla carnagione bruno-olivastra, ha lasciato supporre per secoli che la madre fosse di origine africana. L’ipotesi è oggi superata e la donna viene identificata, sulla base di prove documentarie, con una tal Simunetta, serva o schiava in casa Medici, che andò poi in sposa a un cocchiere laziale.

Dubbia è anche la paternità: Alessandro è ufficialmente figlio naturale di Lorenzo duca di Urbino, nipote del Magnifico. Già tra i suoi contemporanei, però, circolava la voce che fosse in realtà figlio del cardinale Giulio dei Medici, futuro papa Clemente VII. Ipotesi appoggiata anche in epoca moderna dallo studioso Gaetano Pieraccini.

Pare che la nascita risultasse misteriosa anche agli occhi del diretto interessato: a quanti lo deridevano per le sue umili origini, Alessandro era solito replicare che continuassero a parlargliene e gli rivelassero almeno dove fosse nato, dal momento che lui stesso ne era all’oscuro.

Alessandro e Ippolito, il destino di due bastardi

Alessandro non era certo l’unico figlio naturale di casa Medici. Giuliano, il più giovane dei figli di Lorenzo il Magnifico, aveva avuto una relazione con una nobildonna di Urbino dalla quale, nel 1511, era nato Ippolito.

Ippolito, a differenza di Alessandro, poteva dunque contare su una ascendenza nobile e probabilmente fu questo motivo per cui fin dalla più tenera età venne coinvolto a pieno titolo nella vita ufficiale di casa Medici.

Alessandro, invece, venne lasciato più in disparte, pur condividendo con il cugino l’educazione a Roma in casa della zia Clarice, sempre sotto l’attenta sorveglianza del capofamiglia, il cardinal Giovanni, futuro papa Leone X. Sarà proprio la grande capacità politica e diplomatica di quest’ultimo a consentire il rientro a Firenze dei Medici, dopo la parentesi della repubblica savonaroliana (1494-1498) e di quella retta da Pier Soderini (1498-1512). Il governo della città venne affidato a Lorenzo, padre di Alessandro. La sua parabola politica fu però di poca durata: nel 1519 morì, consumato dalla sifilide e preceduto di pochi giorni dalla moglie, Madeleine de la Tour d’Auvergne, che aveva appena dato alla luce Caterina, la futura regina di Francia. Qualche anno prima era venuto a mancare anche Giuliano duca di Nemours, che nel 1515 aveva sposato Filiberta di Savoia, matrimonio dal quale non erano nati eredi. La morte di Giuliano e Lorenzo rese evidente il problema della successione, ed ecco che ci si affrettò a legittimare Ippolito e Alessandro, sui quali venne riposta la speranza del futuro della dinastia. Mentre il governo di Firenze passò nelle mani del cardinal Giulio, i due bambini vennero nuovamente condotti a Roma affinché potessero apprendere i modi raffinati della corte papale e avvicinarsi alla cultura umanistica.

Un inatteso cambio di fortuna

Ma la situazione politica a Firenze non si era ancora stabilizzata: il 1521 morì Leone X e l’anno successivo salì al soglio pontificio Giulio dei Medici, con il nome di Clemente VII. A controllare la città di Firenze venne inviato allora un uomo di fiducia, il cardinale di Cortona Silvio Passerini, cui venne affidata la tutela di Ippolito, con lui sin dal 1524, e poi di Alessandro, che li raggiunse l’anno successivo. Ippolito continuava ad essere il preferito nella linea di successione: dal 1517 poteva già beneficiare delle rendite che gli derivavano dalla nomina (a sei anni!) ad arcivescovo di Digione e a lui ci si riferiva utilizzando il titolo onorifico di “Magnifico”. Alessandro, dal canto suo, aveva ottenuto nel 1522 il ducato di Penne, piccolo feudo appartenente al Regno di Napoli.

L’avventura del governo dei due rampolli ebbe però breve vita: nel 1527 una sollevazione popolare cacciò per la seconda volta i Medici da Firenze, dando vita all’ultima stagione repubblicana della città, che si concluderà nel 1530.

Non è difficile immaginare che la vicinanza d’età e l’educazione condivisa, volta al solo obiettivo di ottenere nelle proprie mani il futuro governo della famiglia e di Firenze, avesse portato i due cugini ad instaurare un rapporto conflittuale e a nutrire sentimenti di rivalità. E non avrà certo contribuito a rasserenare gli animi il fatto che i due giovani non fossero padroni del proprio destino. Fu Clemente VII, riappacificatosi con l’imperatore Carlo V dopo il sacco di Roma, che riuscì ad ottenere il supporto militare necessario per riappropriarsi di Firenze e ad imporre Alessandro alla guida della città. Ad Ippolito, ormai tagliato fuori dai giochi politici, non restò che accontentarsi della carriera ecclesiastica e covare il suo rancore fino alla morte del Papa, quando troverà il coraggio di schierarsi (inutilmente) contro il cugino.

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Storie di delitti e di sangue »

Storie di delitti e di sangue

Nel 1532 Alessandro divenne ufficialmente “duca della Repubblica di Firenze”, titolo che già nella sua definizione fa sorridere, evidente segno di un compromesso tra la fazione oligarchica fiorentina e le istanze assolutistiche promosse da Clemente VII.

Il governo di Alessandro non si distinse certo per la sua lungimiranza o per la sua equità e risentì fortemente dell’ingerenza imperiale di Carlo V, rafforzata dalla concessione al duca fiorentino della mano della figlia naturale Margherita d’Austria.

A leggere le testimonianze dei contemporanei, certo non sempre lucide e veritiere, Alessandro viene ritratto come un uomo violento, arrogante, lussurioso e amante di feste sfrenate, rendendolo una delle figure più controverse di casa Medici.

L’umanista Benedetto Varchi (1503-1565) scrisse nella sua Storia Fiorentina che durante il suo ducato era divenuta ormai un’abitudine “mettere tavola alle gentildonne per compiacere al duca Alessandro, il quale si ritrovava volentieri dove erano brigate di donne, per avere comodità di adempiere con loro in qualche modo le voglie sue”.

Delle sue relazioni la più nota è quella con Taddea Malaspina, sorella della marchesa di Massa Ricciarda. Le due nobildonne avevano dato vita a una sorta di corte non ufficiale nei saloni della loro residenza, il Palazzo Pazzi in via del Proconsolo. Dal legame con Taddea nacquero due figli, Giulio (1527-1600) e Giulia Romola (1535-1588).

Luisa Strozzi, oggetto di desiderio del Duca

Tra le numerose vicende di seduzione che lo videro coinvolto, ve n’è una che non solo è riportata dai cronisti e storiografi del passato ma è entrata anche nel mito grazie a un romanzo storico e a un dramma teatrale scritti nella prima metà dell’Ottocento. La protagonista è Luisa Strozzi, figlia di Clarice Medici e di Filippo Strozzi, una donna che, come tutte le eroine tragiche, viene sempre descritta come bellissima, di modi gentili e grande virtù. Le ricchezze e la posizione sociale di Luisa, che aveva sposato un membro della famiglia Capponi, le garantivano la partecipazione alle più importanti  feste pubbliche e private cittadine. Alessandro, dunque, aveva avuto sicuramente molteplici occasioni per incontrarla e per rimanere abbagliato dalla sua bellezza, ricevendo però sempre dei fermi rifiuti alle sue profferte amorose.

Deciso comunque a far entrare Luisa tra il novero delle sue amanti, il duca approfittò della complicità di Guglielmo Martelli per organizzare un veglione in maschera; festa alla quale Luisa sicuramente avrebbe partecipato, essendo imparentata con la moglie del Martelli. Il duca si presentò quella sera travestito da monaca, accompagnato da Giuliano Salviati, uomo che le cronache del tempo definiscono “di cattiva vita e di biasimevole stato”. Entrambi tentarono in ogni modo di sedurre Luisa ma mentre il duca Alessandro a un certo punto vi rinunciò, trovando più facile e di soddisfazione volgere le proprie attenzioni ad una delle sue amanti, Giuliano continuò a importunarla per tutta la notte.

Una vendetta di sangue

Luisa continuò a respingere con fermezza il suo insistente spasimante, che pareva si fosse intestardito a dimostrare che tutte le donne, al pari di colei che aveva sposato, fossero di inconsistente virtù. Non soddisfatto del comportamento oltraggioso che aveva tenuto nel corso della serata, Giuliano continuò ad infastidire la bella Luisa e nelle settimane successive arrivò addirittura ad infangare il suo onore e il suo buon nome vantandosi di averla sedotta. Il pubblico oltraggio avvenne un venerdì di marzo, sul poggio di San Miniato. quando Giuliano, alla presenza dei parenti di Luisa, affermò che voleva giacer seco a ogni modo.

Un atteggiamento di tal genere non potè che generare delle terribili conseguenze e alla fine un destino infausto si abbatté sui protagonisti di questa storia. Non passarono nemmeno tre settimane e il Salviati venne accoltellato da tre uomini nel cuore della notte nei pressi della piazza delle Pallottole, lungo il percorso che da Palazzo Medici lo stava riportando verso casa. Intervenne il duca Alessandro per punire gli assalitori e, seppur in assenza di prove, si risolse a far incarcerare i fratelli di Luisa Strozzi. E i poveretti vi rimasero fino a quando da Roma giunse una lettera di papa Clemente VII che dava ordine di scarcerazione immediata.

La tragica fine dei protagonisti

Ma i rapporti tra la famiglia Strozzi, i loro affiliati e il duca Alessandro erano ormai compromessi. I presunti cospiratori ripararono in Roma mentre il capofamiglia, Filippo, scelse la via dell’esilio a Parigi. La sorte più tragica spettò però alla bella Luisa: nel dicembre 1534 venne avvelenata nel corso di una cena organizzata a casa di Lorenzo Ridolfi, suo cognato. Subito in città si sparsero voci e pettegolezzi tra chi la voleva vittima della vendetta del duca e chi, invece, la riteneva assassinata per mano dei suoi stessi fratelli, preoccupati di difendere l’onore di lei e della famiglia. E Alessandro? Non toccò sorte migliore neanche a lui: di lì a poco, nel gennaio 1537, venne ucciso con l’inganno da un membro della propria casata, da quel Lorenzino de’ Medici che i fiorentini avrebbero ribattezzato Lorenzaccio. E, per ironia della sorte, a far cadere il nuovo duca nell’agguato, sarebbe stata la promessa di un’ennesima notte d’amore!

Le cospirazioni ai danni di Alessandro

Già nel 1535 era stato sventato un complotto che mirava ad eliminare Alessandro. Il colpevole dell’oscura trama era il cugino Ippolito che, smascherato, si vide costretto a lasciare Roma e tentò di volgere la sorte in suo favore cercando l’appoggio dell’imperatore Carlo V. L’estremo tentativo di guadagnarsi il favore imperiale e ottenere nuovamente il controllo dello stato fiorentino non andò però a buon fine. Nell’agosto 1535 Ippolito trovò la morte a Itri, pare avvelenato per ordine di Alessandro e con la complicità di papa Paolo III, desideroso di trasferire ai propri nipoti le rendite ecclesiastiche di cui beneficiava il cardinale.

Fu forse la scomparsa di Ippolito a spingere Lorenzino de’ Medici a pianificare l’assassinio del duca di Firenze. Sapendo che egli si era invaghito di Caterina Soderini, lo invitò la sera del 6 gennaio 1637 nel proprio palazzo in via Larga, attirandolo con l’inganno e lasciandogli credere che la donna si sarebbe concessa a lui. Lorenzino e il suo servitore Scoronconcolo lasciarono che Alessandro si assopisse e lo sorpresero nel sonno, disarmato, avventandosi su di lui con colpi di spada e di pugnale.

Un piano vigliacco e una morte ingloriosa ponevano così fine all’esistenza del primo duca di Firenze.