Plasmato dal fuoco. La scultura in bronzo nella Firenze degli ultimi Medici

Da Giambologna a Giovan Battista Foggini: un viaggio nella bronzistica fiorentina del XVII secolo

La scultura in bronzo nella Firenze degli ultimi Medici

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Una nuova mostra nelle stanze del Tesoro dei Granduchi, in Palazzo Pitti, per raccontare tutta “l’energia dell’arte barocca imprigionata nel metallo, grazie alla potenza viva della fiamma”.

  • Una Venere al bagno del Giambologna mai esposta prima
  • Più di 170 opere provenienti dai musei più importanti del mondo
  • Le quattro traduzioni in bronzo delle più famose statue antiche della Tribuna degli Uffizi
  • La serie dei 12 bronzi commissionati da Anna Maria Luisa de’ Medici nel 1716
  • Le finissime porcellane della Manifattura di Doccia

Maggiori informazioni

La mostra Plasmato dal fuoco, prende spunto, come le ultime esposizioni tenutesi negli ambienti del Tesoro dei Granduchi, da un acquisto importante da parte delle Gallerie degli Uffizi. Si tratta di 42 disegni di Massimiliano Soldani Benzi, comprati in blocco nel novembre 2017 ed esposti a fine narrazione.

Oltre a questo taccuino smembrato, il primo che possa essere attribuito con certezza al maestro, la mostra presenta almeno altre due grandi novità e scoperte: la Venere al bagno del Giambologna che fa bella mostra di sé in prima sala e, a fine percorso, le quattro traduzioni in bronzo delle più famose statue antiche della Tribuna degli Uffizi, attribuite dai curatori al Foggini ed esposte al pubblico tutte insieme per la prima volta dopo secoli.

La narrazione prende avvio, nella Sala Giovanni da San Giovanni, da un piccolo nucleo di opere del Giambologna, quel fiammingo arrivato nella città di Firenze intorno agli anni Sessanta del Cinquecento che legò gran parte della sua attività alla lavorazione dei bronzi, nel grande, medio e piccolo formato. Le sue opere, di estrema eleganza e realizzate con grande perizia tecnica, contribuirono a diffondere, su larga scala, la notorietà dell’artista, apprezzato e richiesto da tutte le più importanti corti d’Europa. Non solo, le opere del Giambologna, o quelle che uscirono dalla sua bottega, godettero di un prestigio internazionale tale da consacrare definitivamente la fama del capoluogo toscano e del principato mediceo nel genere della bronzistica. E più la fama cresceva, più il modello giambolognesco diveniva imprescindibile.

Di fatto, la prima sala racconta la fortuna dei bronzi del maestro fiammingo che, morendo nel 1608, lasciava una nutrita e qualificata bottega. All’interno di questa si distinsero Antonio Susini, traduttore delle opere più rinomate del maestro e autore di raffinate riproduzione di statue antiche in formato ridotto; Ferdinando Tacca, di cui in mostra un bel Crocifisso con angeli cerofori della cattedrale di Pietrasanta a dialogare con quello del fiammingo della Santissima Annunziata e Giovan Francesco Susini, nipote di Antonio e autore raffinato di trasposizioni in metallo di soggetti inediti, quali la bella Venere che brucia le frecce di Amore oggi conservato nelle collezioni Liechtenstein.

Evento cruciale, per la storia dell’arte fiorentina e, nello specifico, della bronzistica, fu la fondazione nell’Urbe, nel 1673, della cosiddetta Accademia Medicea, fortemente voluta dal granduca Cosimo III nel desiderio di gareggiare con la Roma barocca.

Alla nuova Accademia, diretta da Ercole Ferrata e Ciro Ferri, si formarono quelle nuove generazioni di artisti che rinnovarono radicalmente la cultura figurativa fiorentina. Tra questi Giovan Battista FogginiMassimiliano Soldani Benzi e Giuseppe Piamontini, protagonisti indiscussi della Firenze degli ultimi Medici e dell’odierna mostra.

Nelle sale del Tesoro dei Granduchi che si dispiegano sotto i trompe-l’oeil dei bolognesi Mitelli e Colonna, si ammireranno infatti numerosissimi lavori di quei tre maestri, provenienti da ogni parte del mondo.

Così ci soffermeremo davanti al bronzetto di Foggini raffigurante Il tempo rapisce la Bellezza, dove il riferimento al Ratto della Sabina del Giambologna nella Loggia dei Lanzi o ai marmi di Gian Lorenzo Bernini in Galleria Borghese, viene riletto in chiave di dinamismo, movimento e squisita raffinatezza.

Ammireremo il Satiro con piccolo fauno sulle spalle del Piamontini, di sapore ancora giambolognesco o la Maddalena ai piedi di Cristo in casa del Fariseo di Massimiliano Soldani Benzi, l’eletto del Gran Principe Ferdinando de’ Medici.

Quest’ultimo fa parte di una nota serie di bronzetti commissionati dall’Elettrice Palatina poco dopo il suo rientro in città nel 1716 e oggi finalmente quasi tutta riunita in mostra.

Proprio grazie a questa serie, si comincerà a familiarizzare con i nomi di Giovacchino Fortini, Antonio Montauti, Agostino Cornacchini, Lorenzo Merlini, Girolamo Tacciati, Giovan Camillo Cateni e altri ancora.

E ci avvieremo, tra bellezza ed eleganza, verso le ultime sale, dove ci lasceremo stupire dalle traduzioni in metallo di alcuni dei più noti capolavori dell’antichità classica e dalle raffinatissime porcellane della Manifattura di Doccia, tratte dai calchi dei protagonisti di questa straordinaria stagione.

La mostra Plasmato dal fuoco, prende spunto, come le ultime esposizioni tenutesi negli ambienti del Tesoro dei Granduchi, da un acquisto importante da parte delle Gallerie degli Uffizi. Si tratta di 42 disegni di Massimiliano Soldani Benzi, comprati in blocco nel novembre 2017 ed esposti a fine narrazione.

Oltre a questo taccuino smembrato, il primo che possa essere attribuito con certezza al maestro, la mostra presenta almeno altre due grandi novità e scoperte: la Venere al bagno del Giambologna che fa bella mostra di sé in prima sala e, a fine percorso, le quattro traduzioni in bronzo delle più famose statue antiche della Tribuna degli Uffizi, attribuite dai curatori al Foggini ed esposte al pubblico tutte insieme per la prima volta dopo secoli.

La narrazione prende avvio, nella Sala Giovanni da San Giovanni, da un piccolo nucleo di opere del Giambologna, quel fiammingo arrivato nella città di Firenze intorno agli anni Sessanta del Cinquecento che legò gran parte della sua attività alla lavorazione dei bronzi, nel grande, medio e piccolo formato. Le sue opere, di estrema eleganza e realizzate con grande perizia tecnica, contribuirono a diffondere, su larga scala, la notorietà dell’artista, apprezzato e richiesto da tutte le più importanti corti d’Europa. Non solo, le opere del Giambologna, o quelle che uscirono dalla sua bottega, godettero di un prestigio internazionale tale da consacrare definitivamente la fama del capoluogo toscano e del principato mediceo nel genere della bronzistica. E più la fama cresceva, più il modello giambolognesco diveniva imprescindibile.

Di fatto, la prima sala racconta la fortuna dei bronzi del maestro fiammingo che, morendo nel 1608, lasciava una nutrita e qualificata bottega. All’interno di questa si distinsero Antonio Susini, traduttore delle opere più rinomate del maestro e autore di raffinate riproduzione di statue antiche in formato ridotto; Ferdinando Tacca, di cui in mostra un bel Crocifisso con angeli cerofori della cattedrale di Pietrasanta a dialogare con quello del fiammingo della Santissima Annunziata e Giovan Francesco Susini, nipote di Antonio e autore raffinato di trasposizioni in metallo di soggetti inediti, quali la bella Venere che brucia le frecce di Amore oggi conservato nelle collezioni Liechtenstein.

Evento cruciale, per la storia dell’arte fiorentina e, nello specifico, della bronzistica, fu la fondazione nell’Urbe, nel 1673, della cosiddetta Accademia Medicea, fortemente voluta dal granduca Cosimo III nel desiderio di gareggiare con la Roma barocca.

Alla nuova Accademia, diretta da Ercole Ferrata e Ciro Ferri, si formarono quelle nuove generazioni di artisti che rinnovarono radicalmente la cultura figurativa fiorentina. Tra questi Giovan Battista FogginiMassimiliano Soldani Benzi e Giuseppe Piamontini, protagonisti indiscussi della Firenze degli ultimi Medici e dell’odierna mostra.

Nelle sale del Tesoro dei Granduchi che si dispiegano sotto i trompe-l’oeil dei bolognesi Mitelli e Colonna, si ammireranno infatti numerosissimi lavori di quei tre maestri, provenienti da ogni parte del mondo.

Così ci soffermeremo davanti al bronzetto di Foggini raffigurante Il tempo rapisce la Bellezza, dove il riferimento al Ratto della Sabina del Giambologna nella Loggia dei Lanzi o ai marmi di Gian Lorenzo Bernini in Galleria Borghese, viene riletto in chiave di dinamismo, movimento e squisita raffinatezza.

Ammireremo il Satiro con piccolo fauno sulle spalle del Piamontini, di sapore ancora giambolognesco o la Maddalena ai piedi di Cristo in casa del Fariseo di Massimiliano Soldani Benzi, l’eletto del Gran Principe Ferdinando de’ Medici.

Quest’ultimo fa parte di una nota serie di bronzetti commissionati dall’Elettrice Palatina poco dopo il suo rientro in città nel 1716 e oggi finalmente quasi tutta riunita in mostra.

Proprio grazie a questa serie, si comincerà a familiarizzare con i nomi di Giovacchino Fortini, Antonio Montauti, Agostino Cornacchini, Lorenzo Merlini, Girolamo Tacciati, Giovan Camillo Cateni e altri ancora.

E ci avvieremo, tra bellezza ed eleganza, verso le ultime sale, dove ci lasceremo stupire dalle traduzioni in metallo di alcuni dei più noti capolavori dell’antichità classica e dalle raffinatissime porcellane della Manifattura di Doccia, tratte dai calchi dei protagonisti di questa straordinaria stagione.

La mostra è terminata

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