Sommario
Amerigo Vespucci
Amerigo Vespucci (Firenze 1454 – Siviglia 1512) è stato un grande navigatore fiorentino, il primo ad aver intuito che le terre scoperte grazie alle rotte tracciate da Cristoforo Colombo non facevano parte dell’Asia ma di un nuovo mondo. Nei suoi viaggi arrivò ad esplorare le coste atlantiche dell’America Meridionale.
La famiglia Vespucci
I Vespucci erano un antico casato originario del borgo di Peretola, alle porte di Firenze, che alla fine del Duecento decide di stabilire la propria residenza in città nel popolo di Ognissanti, dove, grazie al commercio della seta, inizia a rivestire un ruolo sempre più importante nella vita cittadina.
Ancora oggi lungo Borgo Ognissanti sono numerose le testimonianze del potere economico, culturale e sociale della famiglia, a partire da quello Spedale di Santa Maria dell’Umiltà (oggi vecchio San Giovanni di Dio) che Simone di Piero Vespucci, aveva fondato intorno al 1382 per accogliere i poveri e i pellegrini.
Amerigo nasce nel 1454 (o nel 1452, secondo altre fonti), terzogenito di Nastagio, notaio presso l’Arte dei Vaiai, e Monna Lisabetta Mini. La famiglia non appartiene certo ai rami più ricchi ed influenti del casato, come quello di Piero di Giuliano, che è a servizio di Ferdinando d’Aragona e della Repubblica fiorentina, e in ottimi rapporti con la famiglia Medici. Relazione che diventa ancora più salda dopo le nozze del figlio Marco con Simonetta Cattaneo, la cui bellezza è stata immortalata dalle rime di Lorenzo il Magnifico, del Pulci e del Poliziano e dal pennello di Botticelli e Piero di Cosimo.
Il ritratto di Amerigo Vespucci a Ognissanti
Ancora oggi quando si entra nella Chiesa di Ognissanti è possibile ammirare la cappella di famiglia che Amerigo di Stagio, notaio della Repubblica fiorentina e nonno del futuro navigatore, volle abbellire intorno al 1473 con un affresco oggi attribuito a un Domenico del Ghirlandaio agli esordi della sua carriera.
Sopra l’altare è raffigurata una Pietà, a sua volta sormontata da una lunetta con la Madonna della Misericordia che allarga il suo manto per accogliere e proteggere la famiglia di Amerigo di Stagio, con i suoi figli e i suoi nipoti.
Tra i vari ritratti è probabile che si celi anche quello del giovane Amerigo, identificabile nel ragazzo a sinistra della Vergine o forse piuttosto dell’angioletto di sinistra che sostiene il manto e, una seconda volta, nella figura che compare nella Pietà alle spalle dello zio Giorgio Antonio.
La Firenze del giovane Amerigo
Sappiamo poco dell’infanzia di Amerigo, se non che cresce in uno dei momenti più floridi della storia fiorentina, quello che vede il consolidarsi del potere della famiglia Medici grazie all’abile gestione politica, culturale ed economica avviata da Cosimo il Vecchio.
Sono gli anni in cui Firenze si trasforma in un centro culturale ineguagliabile, che attira i più importanti artisti ed intellettuali del tempo. Gli anni in cui fioriscono le scienze e gli studi astronomici, grazie alla presenza di Paolo del Pozzo Toscanelli, matematico e cartografo che intratterrà una importante corrispondenza con Cristoforo Colombo, fornendogli i suoi calcoli (errati!) per la traversata oceanica e spronandolo a tentare l’impresa.
A Firenze, città di scambi e di commerci, arrivano anche i racconti degli incredibili viaggi compiuti da mercanti e viaggiatori. Come quelli compiuti dai Portoghesi, che non potendo battere l’egemonia sul Mediterraneo delle vecchie Repubbliche marinare, cercano nuove rotte per raggiungere l’Oriente e iniziano ad esplorare le coste occidentali dell’Africa e ad inoltrarsi sempre più nelle acque dell’Atlantico.
L’infanzia e la formazione negli anni fiorentini
L’educazione di Amerigo viene affidata allo zio Giorgio Antonio, fine umanista ed amico stretto del filosofo Marsilio Ficino, che gli insegna, tra le altre materie, il latino, lingua indispensabile per la corrispondenza con l’estero e in campo diplomatico. Ha all’incirca 24 anni quando, ancora sotto la tutela dello zio, compra per un’ingente somma una carta nautica di Gabriel de Vallseca eseguita a Maiorca, forse indizio della sua smania di partire o più semplicemente dei suoi interessi scientifici.
Quando nel 1478 viene ordita la Congiura dei Pazzi ai danni di Lorenzo e Giuliano dei Medici, cambia inesorabilmente anche la fortuna del casato: Piero di Giuliano è costretto a riparare a Milano per fuggire il carcere a vita, colpevole di aver agevolato la fuga di uno dei cospiratori, Napoleone Franzesi. Amerigo, invece, riesce a mantenere i rapporti con i Medici, grazie anche allo zio Giorgio Antonio, che è precettore di Giovanni e Lorenzo di Pierfrancesco, cugini del Magnifico. Non ha alcuna difficoltà dunque a seguire a Parigi un altro parente, il cugino messer Guido Antonio, e a prestargli servizio in qualità di segretario durante un’ambasceria compiuta dietro incarico di Lorenzo il Magnifico stesso. Sotto la sua guida imparerà a muoversi nelle corti europee ed apprende i rudimenti dell’arte politica.
Amerigo non è il solo ad allontanarsi da casa: negli stessi anni Girolamo, frate dell’ordine gerosolimitano, è a Rodi, in preda a una forte malinconia e nostalgia di casa, mentre il fratello minore, Bernardo, esercita la professione di contabile a Buda, in Ungheria. Solo il maggiore, Antonio, è a Firenze, destinato a ripercorrere le orme del padre e del nonno e a dedicarsi alla professione notarile.
La partenza definitiva per Siviglia
Rientrato a Firenze nel 1481, continua a mantenersi il legame di cordiale amicizia con Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, che più tardi lo invierà Siviglia presso il banco dei Berardi. E’ il 1492 quando Amerigo, ormai quarantenne, si trasferisce a Siviglia, abbandonando Firenze in un anno cruciale della sua storia, quello che vede la scomparsa di Lorenzo il Magnifico e l’avvio di una stagione politica turbolenta,che porterà alla cacciata dei Medici e alla successiva ascesa al potere del frate domenicano Girolamo Savonarola. Ma il 1492 a Siviglia è un anno pieno di promesse: è quello in cui l’ammiraglio genovese Cristoforo Colombo, grazie alla protezione della Corona spagnola ad al finanziamento del banco dei Berardi presso cui lavora il Vespucci, traccia quella che lui crede essere una nuova rotta per raggiungere le Indie.
I viaggi attraverso l’Oceano
Amerigo non rimane impassibile di fronte al richiamo dell’avventura e alle possibilità che il viaggio di Colombo ha aperto e decide di lasciare il banco dei Berardi per imbarcarsi su una nave. Sono quattro i viaggi che compirà verso quei territori che, primo fra tutti, capirà essere parte di un mondo ancora sconosciuto e tutto da esplorare.
La prima spedizione parte da Cadice nel maggio 1497 e, dopo poco più di un mese di traversata oceanica, approda sulle coste di un territorio che, dalle descrizioni, sembrerebbe essere l’Honduras. I resoconti dei numerosi sbarcano raccontano di una natura lussureggiante popolata da animali sconosciuti e selvatici, di tribù quasi sempre pacifiche, dedite alla coltivazione della terra ma anche a pratiche di cannibalismo. Il viaggio prosegue lungo il Golfo del Messico, fino a sostare in un porto per tirare le navi in secca e fare la manutenzione necessaria. L’ospitalità offerta dalla popolazione locale viene ricambiata con una spedizione contro i suoi nemici storici, che abitano su alcune isole (le Bermuda) a pochi giorni di navigazione. La flotta rientra in Spagna dopo quasi un’anno e mezzo di lontananza.
Il secondo viaggio di Vespucci inizia nel maggio 1499 e lo porterà fino alle coste del Brasile e del Venezuela, così battezzato per le sue palafitte, che al fiorentino ricordano immediatamente una “piccola Venezia”. Si trova a navigare nell’emisfero meridionale, lungo una rotta posta più a Sud rispetto a quella già tracciata da Colombo. Gli viene così meno il riferimento astronomico principale che da sempre ha guidato gli esploratori occidentali: la stella Polare. Amerigo però non si scoraggia e richiama alla memoria gli studi umanistici compiuti a Firenze, persino una terzina del Purgatorio in cui Dante descrive “quattro stelle non viste mai fuor ch’a la prima gente” e che diverranno il nuovo punto di riferimento a quelle latitudini sconosciute. Sarà poi un altro fiorentino, Andrea Corsali, a osservare e descrivere nel dettaglio questa “nuova” costellazione, la Croce del Sud.
Passa poco tempo e Amerigo è pronto per un’altra spedizione, questa volta a servizio del Portogallo: nel maggio 1501 salpa con tre navi, scendendo fino a Dakar. Qui incontra una delle navi di Vasco de Gama, di ritorno dalla prima circumnavigazione dell’Africa, e ne dà subito notizia in una lettera a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici. Le nuove latitudini lungo le quali viaggiano rendono più lungo e difficile l’attraversamento dell’Atlantico ma alla fine raggiungono le coste brasiliane e qui, nel gennaio 1502, battezzano una splendida baia, Rio de Janeiro. La navigazione prosegue ancora più a sud, fino a costeggiare la Patagonia.
L’ultimo viaggio del 1503 che Vespucci compie, ancora una volta a servizio della corona portoghese, non ha fortuna: delle sei navi salpate da Lisbona solamente due faranno ritorno, tra cui quella comandata da Amerigo. I numerosi ostacoli che si frappongono durante il viaggio non permettono di seguire il piano originario ma viene comunque scoperta una nuova isola, a cui verrà imposto il nome di Fernando de Noronha.
I racconti di viaggio e il dubbio sul numero dei viaggi effettuati
Il ruolo che Amerigo Vespucci ha rivestito nella scoperta di nuovi territori è ancora oggi fonte di grande discussione tra gli storici, alcuni dei quali asseriscono che si sia appropriato delle scoperte fatte da altri e che grande confusione sia dovuta a due opere a stampa che racchiudono i resoconti dei suoi viaggi e che in realtà potrebbero non essere opera sua.
Si tratta del Mundus Novus, un insieme di lettere indirizzate a Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici, che costituiscono il resoconto del terzo viaggio da lui compiuto, quello del 1501-1502. E’ durante questa spedizione che Amerigo comprende che queste terre, già scoperte da Colombo nei suoi viaggi, sono così ricche di animali e di piante sconosciute e di popolazioni mai incontrate fino ad allora, che non possono essere le Indie orientali ma un nuovo mondo.
Vi è poi anche l’Epistola al Confaloniere, datata al primo decennio del Cinquecento e indirizzata alla massima carica della Repubblica fiorentina, Pier Soderini, in cui sono descritti gli usi e i costumi delle popolazioni incontrate nei suoi viaggi, i territori in cui è sbarcato e le rotte che ha seguito.
Se queste opere non sono da considerarsi veritiere, allora bisogna concludere che gli unici viaggi effettivamente documentati di Vespucci, di cui rimane diretta testimonianza nelle sue lettere autografe, sono quelli del 1499 e quello del 1501.
Una fama eterna
Nonostante il dibattito e la polemica che ancora circondano la figura di Amerigo Vespucci, non può essere in alcun modo messo in dubbio il suo valore come cartografo e come pilota. Fatto comprovato dalla nomina del 1508 a Piloto Mayor del regno di Spagna, il più alto onore che potesse essere concesso a un navigatore, con l’incarico di nominare i piloti, provvedere al costante aggiornamento degli ausili e delle carte nautiche ed assicurare così il successo delle future spedizioni transoceaniche.
Mentre trascorre la sua vita ormai lontano da casa, è confortato dalla presenza a Siviglia del nipote Giovanni, che erediterà tutte le sue carte nautiche, gli strumenti astronomici e i suoi scritti, e della moglie Maria Cerezo, sposata in tarda età.
Amerigo muore il 22 febbraio 1512 e viene sepolto, seguendo le sue disposizioni testamentarie, nella chiesa di San Michele a Siviglia, all’interno della sepoltura della famiglia Cerezo, andata distrutta in un restauro ottocentesco.
Il nome “America”, imposto al nuovo continente scoperto, per cui ancora oggi noi tutti ricordiamo il grande navigatore fiorentino, non è frutto della sua vanagloria: la denominazione compare per la prima volta nel 1507, all’insaputa di Amerigo stesso. Furono Martin Waldseemüller e Matthias Rigmann,autori del trattato Cosmographiae Introductio a battezzare così il nuovo mondo inciso nel grande planisfero.